Voler Fare, Poter Fare
Nella formazione, soprattutto nei cosiddetti corsi “motivazionali”, da tempo si insiste talmente tanto sul fatto che siamo noi stessi a stabilire i limiti delle nostre possibilità che il tema è ormai un luogo comune. Esattamente come quando si è di fronte ad un luogo comune, nessuno si sentirebbe di contestare l’affermazione che “voler fare è poter fare”, ma raramente qualcuno è in grado di giustificare e spiegare l’affermazione.
Di fatto, ad osservare poi i comportamenti individuali, spesso si ha la sensazione che certe affermazioni appaiano ampiamente condivise, ma che nessuno ci creda, o meglio che tutti ci credano solo e soltanto se l’affermazione vale come un rimprovero da muovere verso gli altri, i quali sembrano non darsi sufficientemente da fare. Perché se è vero che la madre degli stupidi è sempre incinta, quella degli alibi e delle autogiustificazioni, atte ad autoassolversi, è altrettanto incinta e fa solo parti plurigemellari.
Tuttavia al di là di facili considerazioni che scivolano sul piano etico e morale è importante precisare che manca una cultura orientata all’affermazione del “sé”. L’affermazione del “sé” non è né sopraffazione, né individualismo, bensì reale affermazione dell’individualità e cioè della propria personalità mediante il raggiungimento di quanto aspirato.
L’energia per l’affermazione di sé deriva dalla fiducia in sé stessi. Quasi mai si parla dell’eccezionale importanza che ha la fiducia in sé stessi e nelle proprie capacità per la possibilità stessa di raggiungere risultati importanti o semplicemente ambiti. Di come coltivare questa fiducia in sé stessi e di quanto sia importante cogliere le proprie debolezze per migliorarsi e vincere le sfide.
Difronte all’affermazione “voler fare è poter fare” spesso si commette l’errore di ricondurre il tutto ad una questione di tenacia e determinazione che sono importanti, ma non esauriscono la questione. Per essere più precisi tenacia e determinazione sono solo una conseguenza di altri due fattori: fiducia in sé stessi e capacità di sopportare la frustrazione dell’insuccesso.
Quel che entra veramente in gioco, con quella frase, è il credere nella effettiva possibilità di essere in grado di fare. Progetti e aspirazioni vengono abbandonati perché non si è convinti di avere le capacità necessarie e sufficienti per realizzarli (mentre dall’esterno sembra per mancanza di tenacia e determinazione). Altre volte falliscono in quanto dal momento stesso in cui si dubita della possibilità di riuscire non si investono tutte le energie disponibili e necessarie per riuscire.
Saper coltivare la fiducia in sé stessi sembra essere la discriminante fondamentale per ottenere i risultati desiderati. C’è un interessante - e per certi versi divertente – esperimento condotto da due psicologi (Ulrich Weger e Stephen Loughnan) che pone chiaramente in evidenza l’importanza della sicurezza e della fiducia in sé stessi per la possibilità di riuscire nei propri obiettivi. Hanno sottoposto due gruppi di persone a delle domande alle quali bisognava rispondere selezionando delle opzioni sul monitor di un computer. Ad un gruppo è stato detto che prima della domanda, la risposta giusta sarebbe lampeggiata sul monitor per una frazione di secondo: un tempo insufficiente per poterla leggere e memorizzare consapevolmente ma sufficiente affinché fosse appresa a livello inconscio. All’altro gruppo, invece, è stato detto che poco prima che comparisse la domanda avrebbero visto una banale luminescenza che la segnalava. In realtà in entrambi i casi sul monitor comparivano delle lettere senza significato alcuno.
Il gruppo al quale era stato detto che avrebbero visto e memorizzato inconsapevolmente le risposte ha avuto una percentuale sensibilmente più alta di risposte giuste. È risultato che essere convinti di sapere le risposte giuste aumenta la probabilità di dare risposte giuste. Affascinante!
L’esito dell’esperimento è spiegabile considerando che un maggior grado di sicurezza rende più deboli tutte quelle “forze frenanti” che creano titubanze e indecisioni e che finiscono col rendere più probabile l’errore.
Essere sicuri di riuscire aiuta a riuscire. Essere sicuri di disporre delle risorse personali e delle capacità per affrontare la situazione aiuta ad affrontare, gestire e risolvere la situazione.
Per tutti coloro che sono sempre stati veramente e intimamente convinti che “voler fare è poter fare” tutto questo non è niente di nuovo, però il riscontro sperimentale dà solidità empirica e permette di andare ben oltre il luogo comune.
È una sana fiducia in sé stessi e nelle proprie capacità a rendere possibile il raggiungimento di risultati altrimenti impensabili. Così come è una sana fiducia in sé stessi a stabilire il confine tra tenacia e determinazione da un lato e ostinata e velleitaria insistenza dall’altro.
La questione importante che si propone, a questo punto, è: saper coltivare fiducia e sicurezza in sé stessi e – per chi fa gestione delle risorse umane – negli altri. La risposta è strutturalmente semplice in entrambi i casi.
Per quanto riguarda la fiducia in sé stessi le modalità sono sostanzialmente due: la costante tensione a qualificarsi e migliorarsi e il mettersi alla prova per sperimentare i propri miglioramenti.
Per ottenere risultati, essere bravi non basta, occorre la consapevolezza di esserlo! Tale consapevolezza matura dedicandosi a costanti percorsi di formazione su tutto quello che può essere utile per il proprio lavoro. Saper rinunciare agli alibi orientati ad autogiustificarsi, magari scaricando sugli altri (clienti o collaboratori) le cause degli insuccessi. È fondamentale sviluppare la massima disponibilità al riconoscimento dei propri limiti, delle proprie mancanze, negligenze ed errori per poterne fare occasioni di apprendimento orientati a migliorare le proprie abilità. La chiave sta in una insaziabile tensione all’apprendimento e in una irresistibile disponibilità a mettersi alla prova mantenendo l’incrollabile desiderio di individuare gli errori al fine di poterli correggere e diventare più bravi.
Nella gestione delle risorse umane, la discriminante del successo, è caratterizzata dalla capacità di far crescere la fiducia delle persone in sé stesse mediante la comunicazione della propria fiducia in loro, nel saper correggere gli errori senza umiliare e nel saper creare un clima di serenità e affidabilità nel rapporto con e tra le persone.
Questi sono i presupposti per chi “vuol fare” e ottenere risultati, per gli altri ci sono gli alibi per giustificare l’insuccesso.
Eppure per conquistare fiducia in sé stessi e nelle proprie capacità non si deve fare molto: si tratta “soltanto” di mettersi alla prova per misurarsi e sapere come migliorarsi. Tutto questo implica la capacità di relazionarsi serenamente con i propri errori ed è in questo il vero problema.
Nella cultura dominante gli errori sono visti come una colpa. Si tende a confondere e sovrapporre l’avere sbagliato con l’essere portatori di una ignominia. Da qui la tendenza, facilmente riscontrabile, a voler consapevolmente o inconsapevolmente negare le proprie colpe o addirittura responsabilità.
Di fatto la conquista della fiducia in sé stessi e nelle proprie capacità è la conquista della capacità di saper accettare i propri errori facendoli diventare il punto di partenza per un nuovo slancio. Quando l’errore è vissuto come il segnale della necessità di migliorarsi per poi riaffrontare meglio equipaggiati le situazioni, si ha la possibilità di scoprire di essere più bravi e più forti di quanto lo si era il giorno prima e anche di quanto ci si aspettava di essere. È allora che i sogni smettono di essere sogni e diventano progetti di vita. |